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Abbiamo un linguaggio nostro, quasi un dialetto conosciuto solo a chi vive uno dei diciassette popoli. Ecco perché serve un "glossario", quasi un vocabolario che "sciolga" il significato di terminologie che per noi sono comuni e talmente insite nel nostro "io" da non pensare, talvolta, a chi ci ascolta, a chi ci sta vicino quando le pronunciamo. Noi che "rizziamo i peli" se sentiamo chiamare il fazzoletto foulard; noi che mettiamo (metaforicamente, è logico) mano alla pistola se sentiamo chiamare gli alfieri sbandieratori (con tutto il rispetto possibile per gli sbandieratori di altre feste, ma hanno altri ruoli rispetto agli alfieri delle Contrade che sfilano nel Corteo Storico con "giochi" di bandiera che sembrano tutti uguali, ma che uguali non sono e che, tutti, annunciano al popolo la "guerra" di campo che sta per iniziare); noi che lanciamo occhiatacce a chi chiama i braccialetti luminarie ("mica siamo a Natale!" qualcuno un po' più lezzo non ha saputo mordersi la lingua e ha risposto al malcapitato di turno). Ecco, no, loro non possono sapere. Ecco perché serve questo glossario. (Dalla prefazione di Maura Martellucci)